L’ultimo sondaggio, a tre settimane dal voto, dice che ci sono quattro candidati in lizza per l’Eliseo. Marine Le Pen e Emmanuel Macron, testa a testa, in leggero calo, ma sempre oltre il 24 per cento, soglia di sicurezza per disputarsi la finale. Poi, testa a testa per il terzo posto, François Fillon, in leggera rimonta dopo lo scandalo del falso impiego pubblico della moglie Penelope e, a sorpresa, Jean Luc Melenchon, l’anziano leader della sinistra radicale che ha raccolto attorno a se vasti settori popolari, pezzi del partito socialista e comunista, l’area ecologista, molti giovani e persino qualche simpatizzante del Front National di Marine Le Pen. Per quanto lontani anni luce sul piano idologico, sia la Le Pen sia Melanchon hanno una forte impronta anti europea e anti sistema.
Oggi Melanchon tallona Fillon al 18 per cento e ha praticamente eliminato dalla corsa il partito socialista e il suo candidato Hamon.
Facendo un po’ di conti, i partiti e i movimenti antisistema sommano circa il 40 per cento dei votanti, cui vanno sommati gli astensionisti, le schede bianche e i voti che andranno a minuscole formazioni. Il partito socialista e probablmente i Republicains (se Fillon non recupera) – ossia le due formazioni che hanno sempre dominato in alternanza la scena francese – rischiano di rimanere fuori corsa. A disputarsi l’Eliseo, un movimento antisistema, il Front National di Marine Le Pen, e un movimento che vuole rifondare il sistema, En Marche, di Emmanuel Macron. Se il giovane banchiere fallisse, dovremo scrivere un’altra storia della Francia e dell’Europa. Ma se il tentativo riuscisse, la ricostruzione di un sistema terremotato comporterá sforzi giganteschi e tanti ostacoli da superare, a cominciare dalla ricerca di una maggioranza in parlamento.