Uccidere i genitori a colpi di ascia. Sfigurare con l’acido l’ex fidanzata. Gettare da un balcone un bambino. Le cronache riferiscono di delitti sempre piú efferati che lasciano increduli, quanto piú appare abissale la distanza fra il gesto in sé e le motivazioni che lo accompagnano, come i rimproveri per i brutti voti, la gelosia, un amore che finisce, un litigio familiare.
Al tempo stesso, con drammatica frequenza, si ripetono episodi di terrorismo, attacchi sanguinari che colpiscono alla cieca, uomini, donne, giovani, bambini. I terroristi usano kalashnikov, camion, bombe. In alcuni casi si suicidano, come per esaltare la “grandezza” religiosa del proprio gesto. In altri, cercano di sopravvivere, fuggono per colpire di nuovo.
A volte, una sorta di analisi consolatoria segue la ricostruzione di una strage. “Non si è trattato di terrorismo” ma dell’azione isolata di un folle, di uno squilibrato. Come se potessimo avere certezze sulla luciditá mentale del terrorista che compie una strage e magari si fa esplodere.
La follia é stata tirata in ballo per molti crimini commessi nella storia e non soltanto per i serial killer da letteratura del crimine. Lo sterminio di massa, le purghe ideologiche, l’olocausto, l’annientamento fisico e mentale di dissidenti e oppositori. Eppure, pur dando per scontato che qualche rotella non funzionasse nel cervello di Hitler o di Pol Pot, l’ingranaggio politico, idoelogico, organizzativo, militare, culturale ha funzionato con lucida perfezione ad ogni latitudine e in ogni epoca, fabbricando ogni genere di complici e portando al delitto uomini e donne “perfettamente” normali, molti dei quali mai si sono sentiti colpevoli o responsabili.
Tutti questi casi, pur diversissimi fra loro, portano a concludere che l’uomo – soltanto l’uomo, non gli animali – può trasformarsi in una bestia feroce con motivazioni che non sono soltanto la sopravvivenza della specie o la nutrizione, come avviene appunto nel regno animale. Soltanto l’uomo uccide per altre ragioni, perchè soltanto l’uomo è capace di odio, soltanto l’uomo può organizzare le proprie competenze tecniche e capacitá cerebrali e culturali per compiere un delitto o per fare soffrire un proprio simile infliggendogli la tortura fisica, lo sfregio, lo stupro. Soltanto l’uomo ha concepito la guerra e la produzione di strumenti di morte sempre piú sofisticati, anche se una bomba dal cielo o una mina continuano ad apparire modalitá di morire culturalmente piú accettabili che una strage in discoteca o fra le mura di casa.
La conclusione piú scolvolgente é che l’uomo, dotato di libero arbitrio, può essere egli stesso vittima della propria cultura e delle proprie capacitá tecniche di produrre morte e dolore, con qualsiasi mezzo, motivazione culturale, giustificazione ideologica e persino affettiva. Si tratta di capire attraverso quali meccanismi mentali avvenga il passaggio verso l’azione delittuosa e malvagia.
Nel caso di guerre e stermini di massa, la ragion di stato o l’ideologia di una dittatura portano alla giustificazione del delitto e all’alibi di massa degli esecutori. Nel caso del terrorismo, é sottintesa l’esaltazione della causa politica o della motivazione religiosa.
Nel caso di delitti commessi da individui singoli é esaltata oltre misura la motivazione personale (i genitori cattivi, l’abbandono, il tradimento, etc) per giustificare la “punizione” della vittima.
Se vogliamo fingere di credere a forme di follia – la follia omicida, appunto – rischiamo di azzerare in linea teorica il senso di responsabilitá e quindi ogni criterio di colpevolezza e giustizia. Ma al tempo stesso, non riusciamo a concepire – forse per rassicurare noi stessi e la comunitá in cui viviamo – che una mente “normale” possa arrivare a gesti tanto efferrati contro i propri simili. Eppure accade, ogni giorno.
L’orrore omicida sul pianerottolo di casa o nel nostro quartiere ci fa piú paura, dobbiamo tenerlo sotto chiave, finiamo per esorcizzarlo, preferiamo chiamarlo follia. Ma non lo é. Fa parte della nostra vita, della nostra cultura, dell’incapacitá collettiva di produrre contromisure, di modificare i nostri sistemi educativi, la nostra gerarchia di valori, il nostro violento videogame quotidiano.