#Putin play maker globale.
Soltanto qualche mese fa, dopo l’abbattimento del jet russo da parte della contraerea turca, Russia e Turchia avevano riacceso antichi rancori e si scambiavano feroci accuse sul letto di morte della Siria. Erdogan, pur di scalzare Assad, si era spinto a sostenenere le fazioni islamiche piú radicali e vicine al Califfato. Putin, pur di sostenere un regime che rappresenta interessi vitali per la Russia nel Mediterraneo, non aveva esitato a bombardare qualsiasi cosa si muovesse attorno a Damasco.
Che cosa é cambiato in poche settimane? Poco o nulla a Mosca, molto ad Ankara. Erdogan cerca di trarre vantaggio dal fallito golpe, fa piazza pulita di oppositori, ma un golpe é pur sempre un golpe, cioé un segnale di debolezza e profonde crepe nel sistema. Erdogan é ai ferri corti con l’Europa, che ha ormai chiuso le porte a prospettive di riavvicinamento e men che mai di integrazione. Erdogan sta perdendo la scommessa di rappresentare un punto di riferimento politico e un modello statuale esportabile nei confronti del mondo musulmano stravolto dalle primavere e dai conflitti. Erdogan ha sostanzialmente perso la campagna di Siria, anche perché – senza dirlo ufficialmente – in Occidente e in Europa si comincia a comprendere che il problema Assad é in secondo piano rispetto alla necessitá di mettere fine al conflitto e di impedire che il Califfato arrivi a Damasco.
Mentre l’Europa annaspa senza guida e senza strategie, impaurita dal terrorismo e dalle ondate migratorie ; mentre l’America attende l’esito della campagna elettorale, Putin ha giocato con straordinaria abilitá le proprie carte. Sta togliendo un po’ di castagne dal fuoco in Siria (alleato sostanziale, ma senza dirlo, di francesi e americani), ha messo il silenziatore sulla guerra in Ucraina e nel dimenticatoio la questione Crimea, tende la mano alla Turchia, una mossa che gli costa poco e che procura un enorme tornaconto economico. Non gli resta che attendere che l’Europa si svegli, che comprenda l’assoluta necessità di un asse privilegiato con Mosca, unica prospettiva per affrontare davvero le grandi sfide del nostro tempo : la lotta al terrorismo, la stabilitá dei confini, l’immigrazione, il fabbisogno energentico. In attesa del risveglio, saremo ancora appesi alle scelte delle dinastie americane, i Kennedy, i Bush, i Clinton e di questo passo, magari, i figli e i nipoti di Trump.