E’ la madre di tutte le battaglie. Le presidenziali francesi, cui seguirà il rinnovo dell’Assemblea, sono un appuntamento decisivo : per la Francia e per l’Europa che guarda alla Francia con sempre maggiore apprensione. Passano infatti da Parigi molte delle strade che conducono a un bivio cruciale : un nuovo inizio del processo europeo o l’implosione, sull’onda trionfante dei populismi e dei nazionalismi.
All’inizio dell’anno cruciale, é davvero impossibile fare previsioni. Troppe le variabili, troppi i candidati e troppe le incognite che condizionano in tempo reale la vita politica : una gaffe, un twitter o peggio un attentato o uno scandalo possono scardinare le certezze e abbattere in un attimo il superfavorito. La vita politica francese é piena di presidenti in pectore clamorosamente sconfitti da outsider poco accreditati all’inizio della corsa.
L’identikit ideale nasce tuttavia dai problemi irrisolti e da una diagnosi largamente condivisa, al di lá delle differenze ideologiche e di schieramento. La Francia ha innanzi tutto bisogno di ripensare il suo modello statuale, sia in termini culturali (laicitá, garanzie universali, servizi pubblici) sia soprattutto come costi di esercizio, non piú compatibili con l’esplosione del debito e con normative (ad esempio, l’orario di lavoro a 35 ore) che mortificano la crescita e la competitivitá del Paese.
In una parola, riforme. La Francia ha poi bisogno di una forte iniezione di fiducia e ottimismo, concetto vago, ma che diventa terribilmente concreto se relazionato alle grandi paure di questi ultimi anni : la minaccia permanente del terrorismo, le ondate migratorie, la disoccupazione di massa, soprattutto giovanile, la frattura culturale fra generazioni e fra comunitá etniche e religiose.
Naturalmente, diagnosi e ricette possono variare da candidato a candidato, ma non vi é osservatore della vita politica o programma elettorale che non condivida lo scenario complessivo e le prioritá nella testa dei francesi.
Sarebbe scontato aggiungere che le elezioni le vinceranno il “presidenziabile” e il partito che risulteranno piú convincenti e affidabili. Ma le cose possono evolvere in modo diverso e sorprendente per almeno due fattori che giá in passato hanno condizionato il risultato. Il primo é l’assenteismo, in particolare dell’elettorato giovanile, anche se nelle elezioni presidenziali é tradizionalmente piú contenuto. Il secondo é insito nel sistema a doppio turno, che in parte stravolge il voto di adesione dei cittadini, trasformandolo in un voto contro qualcuno.
Il sistema ha ben funzionato fino a quando la contesa si riduceva alla tradizionale alternativa fra destra e sinistra, con rispettivi satelliti e alleati. L’irrompere sulla scena del Front National ha trasformato in triangolare un sistema bipolare. La conseguenza piú ovvia, considerando la natura culturale e ideologica del Front di Marine Le Pen, é che chiunque si trovasse ad affrontarla al secondo turno avrebbe ottime possibilitá di vittoria finale. Questo per effetto del “fronte repubblicano” che verrebbe a formarsi, come giá avvenuto in passato, al punto che persino un candidato della sinistra – oggi dato per perdente da tutti i sindaggi – potrebbe avere qualche speranza. Gli basterá, appunto, arrivare secondo, dietro la Le Pen, considerata – sempre secondo i sondaggi – sicuramente in testa al primo turno.
Sullo scenario piú ovvio, incombono però almeno due variabili in grado di favorire Marine Le Pen : la vittoria di Donald Trump e il risultato della Brexit, che hanno di fatto sdoganato leader e progetti populisti e anti europei, rompendo molti tabù del politicamente corretto. Tanto piú che, non da oggi, la Francia é uno dei Paesi meno sensibili agli ideali europei e casomai piú attento a valori nazionali, anche quando si traducono nel “disvalore” protezionistico e nazionalista.
Dopo il successo trionfale alle primarie del centro destra, é abbastanza ovvio ritenere che il favorito nella corsa sia François Fillon. E’ la personalitá che ha saputo ricompattare la sua famiglia politica fino a ieri lacerata e che ha proposto un progetto per la Francia che non fa sconti sui temi della sicurezza, dell’identitá e del prestigio internazionale, accompagnato da una visione piuttosto rigorosa e incisiva delle riforme da mettere in atto. I punti deboli della marcia di Fillon sono appunto le resistenze corporative del pubblico impiego, il disagio delle classi piú povere e lo scarso appeal nell’elettorato giovanile : punti deboli su cui si giocano il consenso del Front National e le possibilitá di recupero del candidato della sinistra.
Il ritiro dalla corsa del presidente François Hollande, anziché provocare un chiarimento e aprire la strada a Manuel Valls, ha scatenato le rivalitá e accentuato le diffirenze fra le diverse anime della sinistra. Le “primarie” a gennaio, rischiano di esaltare lo scontro ideologico. L’ex primo ministro é il piú convinto sostenitore di un progetto riformista per la Francia e di una politica rigorosa su immigrazione e sicurezza. Una visione che potrebbe accreditarlo come il piú temibile avversario di Fillon, ma non sufficiente a unire le forze di sinistra e nemmeno tutto il partito socialista. Il rischio, per la “gauche” é di non arrivare al secondo turno. Ipotesi drammatica, non solo per la sinistra, in quanto renderebbe cronica l’anomalia della politica francese. O meglio, proietterebbe il Front National nella normalitá della vita politica europea.