Rizzoli (2000)

Quarant’anni. E’ il tempo necessario alla Jugoslavia per tornare ai livelli economici dell’Ottantanove,quando reddito,sviluppo e sogni si avvicinavano all’ Europa. E’ la conseguenza disastrosa e umiliante di dieci anni di potere di Milosevic,d’isolamento internazionale,delle guerre in Croazia e in Bosnia e dei bombardamenti della Nato.Prima del Kosovo,il Paese era già arretrato di una generazione. Le devastazioni e i costi del conflitto hanno allargato il baratro. L’uomo che è stato paragonato a un nuovo Hitler (proprio come Hitler nella storia della Germania postbellica)fa rivoltare oggi la coscienza del popolo che lo ha portato al potere,affidandogli la missione del proprio riscatto. Per anni,Milosevic ha tramutato in sogni di riscossa e prosperità le frustrazioni dei serbi,i torti subiti e secoli di sconfitte,deportazioni,colonizzazioni. E,inutilmente,i serbi hanno poi presentato il conto delle promesse tradite.In parte, hanno rinnovato il consenso,in parte sono stati deprivati delle possibilità di ricambio politico,quasi tutti sono stati raggirati da una Comunità internazionale che,fino all’intervento militare in Kosovo,ha condannato Milosevic soltanto a parole,legittimandone,dopo le guerre in Croazia e Bosnia, il ruolo di garante degli accordi e di una precaria stabilità balcanica. C’è anche una sproporzione,in apparenza incomprensibile,fra il gigantismo dell’attacco militare e diplomatico lanciato dalle potenze occidentali contro il regime di Milosevic e la realtà di un piccolo Paese ridotto in miseria, che giganteggia soltanto nell’immagine terribile e cupa che il circuito occidentale dell’informazione ha costruito attorno alla figura del suo leader.Slobodan Milosevic,il padre-padrone dei serbi,dipinto come il “Macellaio dei Balcani”, la miccia guerrafondaia e nazionalista che ha incendiato e distrutto la ex Jugoslavia,l’incarnazione del male,il riferimento teorico degli orrori di fine secolo nel cuore dell’Europa:pulizia etnica,deportazioni di popoli per ridisegnare i confini,guerre di conquista territoriale,stupri di massa. I media internazionali hanno trascurato innanzi tutto la tolleranza e persino il sostegno dell’Occidente a piccoli e grandi personaggi del calibro di Milosevic.La tragedia della Jugoslavia non è cominciata con Milosevic e non è destinata a concludersi con la fine del suo regno. Milosevic ne è il motore massimo interprete negativo,su un palcoscenico di attori e comprimari che hanno gareggiato con lui,subendone l’influenza,diventandone complici,utilizzandone gli errori, dividendone le responsabilità:una grande tragedia shakespeariana,nella quale intrighi di corte,monarchi spietati,capi assetati di potere e donne intente a tramare nell’ombra,affaristi e cortigiani, trascinano interi popoli nel bagno di sangue.Questo non sminuisce il ruolo negativo di Milosevic,ma evita di farne il capro espiatorio,il comodo alibi dietro il quale nascondere le colpe di quanti contribuirono alla morte di una Nazione(la ex Jugoslavia)e di quanti,dentro e fuori la Jugoslavia,pensarono di trarre vantaggio da quel funerale. Milosevic intuì che il problema nazionale ed etnico,nei paesi dell’Est postcomunista,avrebbe rappresentato l’eredità e l’opzione politica più decisiva dopo la fine della Guerra Fredda, anche se resta il dubbio che,alla fine,il nazionalismo montante nella società serba abbia travolto lui.La caduta del Muro di Berlino,la fine dell’Urss,la riunificazione tedesca, il crollo dei regimi dell’Est erano fatti che toccavano il cuore della Jugoslavia.Un Paese di mezzo,che aveva tentato di costruire un’immaginaria prosperità socialista e che aveva in realtà prodotto il Bengodi della burocrazia e il baratro del debito estero,si senti minacciato.Le sue classi dirigenti temevano di essere spazzate via,come era avvenuto altrove.Gli storici rancori nazionali e religiosi,mitigati nelle nuove generazioni educate all’idea jugoslava, riemergevano a livello di leadership politica e venivano alimentati strumentalmente. Lo squilibrio tra regioni ricche e regioni povere era anche lo squilibrio fra etnie ricche ed etnie povere:Slovenia,Croazia e Serbia di fatto mantenevano macedoni,montenegrini e albanesi del Kosovo.Il nazionalismo serbo(che pervadeva cultura ufficiale,chiesa ortodossa,partito ed esercito)si lasciò cavalcare dal personaggio che si era adattato a rappresentare l’uomo della Provvidenza e l’eroe carismatico.Gli altri nazionalismi che stavano infiammando la Jugoslavia trovarono in Milosevic la scintilla per esplodere e l’alibi della propria esplosione.Il provinciale di Pozarevac non era il demonio in carne ed ossa che faceva credere ai serbi di essere il Messia, ma un abile capopopolo che ha saputo sfruttare circostanze, complicità dell’apparato, umori e consenso della sua gente.Le guerre balcaniche non vennero scatenate soltanto da Belgrado e non fu il solo Milosevic a provocare la disintegrazione della Jugoslavia.Una rivoluzione non si costruisce a tavolino, soprattutto in un Paese,la Serbia,che in secoli di storia,ha saputo resistere a lutti,miserie e distruzioni anche peggiori di quelle attuali.Soprattutto in un popolo che,pur amando l’Europa,diffida di ciò che viene culturalmente importato o addirittura politicamente imposto. Milosevic è stato anche l’esecutore dei sogni dei serbi, il complice dei sogni degli altri, l’utile sicario dei piani di tutti.

 

AcquistaMilosevic. La tragedia di un popolo