Appena rientrata per un soffio la crisi politica a Berlino, se ne apre un’altra a Parigi. Le difficoltà di Angela Merkel sul fronte interno sono direttamente connesse alla questione migranti, alla crescita dell’estrema destra populista, alle nuove rigidità della CSU, il partito alleato bavarse. L’inizio del declino di Emmanuel Macron ha apparententemente cause diverse, benchè anche il presidente debba fare i conti con l’estrema destra sulla questione immigrazione/sicurezza. Lo scandalo della fedelissima guardia del corpo pescata a picchiare manifestanti, per le evidenti crepe e leggerezze isituzionali, ha offerto alle opposizioni e all’opinione pubblica l’occasione ghiotta di mettere in discussione, secondo le regole di un processo mediatico con condanna già emessa, il « metodo Macron » nel suo insieme: stile presidenziale, centralità del potere, scarsa considerazione per le opposizioni, progetti di riforme economiche, strutturali e isituzionali che adesso sembrano incepparsi.
In un sistema presidenziale, l’accusa di « bonapartismo » colpisce prima o poi tutti gli inquilini dell’Eliseo, ma il sistema presidenziale garantisce anche una certa stabilità. A differenza della Merkel, costretta a continue mediazioni con alleati nervosi, Macron non rischia di non finire la legislatura. Al di là di differenze e analogie, sia Merkel sia Macron sono costretti a fare i conti con una drammatica erosione del consenso, soprattutto nelle classi medie e popolari. E questa non è una buona notizia per un’Europa in cui i partiti tradizionali di centro sinistra e di centro destra sono già stati travolti da movimenti e partiti populisti. A pochi mesi dalla elezioni europee, Merkel e Macron rappresentano, o forse è già meglio dire rappresentavano, l’ultimo coerente adesione a un progetto di Europa che sta declinando nella società civile e forse è già tramontato come ideale.