Ci vuole piú coraggio a fuggire dal comunismo o dalla fame? Sono piú degni di accoglienza i profughi con gli occhi a mandorla e i migranti di pelle chiara e religione ortodossa dei neri, in maggioranza, di religione musulmana? Sono domande cui l’Europa – o meglio, la coscienza collettiva degli europei – risponde da tempo in modo contraddittorio e scomposto. A giudicare da certe reazioni popolari e da non isolati commenti politici, la risposta é anche inconsciamente affermativa, secondo una percezione dell’altro e dello straniero che sconfina nel razzismo.
L”ipotesi di accordo sulle quote di migranti e su azioni comuni contro i trafficanti trova forti resistenze. Sembrano prevalere la paura, l’incapacitá di guardare con serenitá e consapevolezza alle problematiche economiche e demografiche, il vuoto di solidarietá (a parte le parole del Papa e l’impegno di migliaia di soccorritori). Atteggiamenti che condizionano in modo drammatico la ricerca di soluzioni e l’azione dei governi. Dopo il no della Gran Bretagna, ecco le riserve della Francia, piú incline a rafforzare controlli e respingimenti alle proprie frontiere, in ogni caso refrattaria a subire decisioni prese a Bruxelles che non tengano conto degli sforzi giá sostenuti. Le argomentazioni sono ovvie, oltre a quella sottintesa: il Front National che soffia sul fuoco. Anche se, ufficialmente, viene ribadito il principio del “diritto d’asilo”.
Sulla questione immigrazione, l’Europa della moneta unica e della governance politica rafforzata sembra meno coesa e meno consapevole dell’Europa al tempo del Muro di Berlino e della guerra fredda. La memoria delle nuove generazioni, dei nuovi europei e delle nuove classi dirigenti sembra corta o indifferente alla storia recente. E’ triste constatare una regressione collettiva proprio in Paesi tradizionalmente di forte accoglienza.
Basterebbe ricordare la nave ospedale Île de la lumiére, spedita nel Sud est asiatico per soccorrere migliaia di profughi in fuga dalle purghe del regime di Hanoi. Una nave francese, voluta da intellettuali e artisti del calibro di Jean Paul Sartre, André Glucksman, Bernard Kouchner e Yves Montand, promotori di un’eccezionale mobilitazione di opinione pubblica sul dramma dei boat people, i vietnamiti che fuggivano, annegavano, cadevano vittime dei pirati esattamente come oggi i disperati africani. Eravamo alla fine degli anni Settanta, le bandiere del Vietnam erano macchiate di vergogna e repressione. E cambiato soltanto il nome del mare di morte o sono cambiati i nostri sentimenti? La risposta é nel milione di boat people che trovarono accoglienza in Occidente, la metá in Usa, il resto in Australia e Europa. Divennero impiegati, tecnici, ristoratori, camerieri, ingegneri, dirigenti.
Basterebbe ricordare, dieci anni dopo, la grande fuga di tedeschi dell’est, ungheresi, polacchi, ceki, albanesi, yugoslavi. Prima e dopo la caduta del Muro, cercarono in Europa libertá, democrazia, benessere. Trovano la solidarietà di tutti, le braccia aperte di molti, l’accoglienza capillare e organizzata della Germania che su questo gigantesco esodo gettò le basi della riunificazione del Paese, della propria attuale potenza economica, della propria crescita demografica. Una Germania che ha capitalizzato le migrazioni dall’Est europeo e ha integrato nel proprio sistema industriale tanti frammenti della Mitteleuropa, tenendosi il piú possibile al riparo dai problemi del sud europeo e mediterraneo. Anche per i tedeschi, la memoria della storia agisce a corrente alternata. Meglio avvicinare il Danubio al Reno, che il Maghreb e il Peloponneso alla Baviera.
E’ comprensibile che nessuno voglia o possa farsi carico di tutta la “miseria del mondo”, ma é triste che siano le maggiori democrazie europee a ricostruire muri e confini, abbattuti con la forza degli ideali. Ed é disonesto e miope non prendere coscienza della realtá. Il numero di migranti in arrivo nei prossimi anni é stimato in centinaia di migliaia, forse milioni. E’ non li fermeranno i droni o le quote. La percentuale di stranieri in Europa é molto piú bassa che negli Usa. L’Europa é l’area piú ricca del pianeta, ma anche quella con una popolazione minoritaria e sempre piú anziana. Nonostante le isterie e le paure d’invasione, milioni di posti di lavoro nei servizi restano vacanti. Se non riscopriamo la solidarietá, dovremmo almeno cominciare ad essere in modo intelligente egoisti. Cioé pensare sul serio al nostro futuro.