C’è un fatto nuovo e antico in questo inizio d’anno. E’ la presa d’atto che l’impianto della moneta unica, così com’è, non funziona e non può funzionare, nonostante il supporto della Bce, gli strappi di Draghi all’ortodossia e le cure da cavallo imposte ai cittadini, i quali, per forza di cose, guardano ormai all’Europa con più timori che speranze. Ciò che molti pensavano e dicevano sotto voce, adesso – é questa la novitá – lo si dice apertamente.
La moneta unica è come una cyclette su cui si pedala senza le ruote che, fuor di metafora, sono l’integrazione fiscale ed economico-politica della zona euro. Così si sgobba, “dimagriscono” Stati e cittadini, ma non si va da nessuna parte.
“Il re è nudo” non lo dice un bambino impertinente come nella favola di Andersen.
In diverse dichiarazioni, Romano Prodi, Jean-Claude Juncker, François Hollande, Jacques Delors e molti altri europeisti a vari livelli e in diversi Paesi, oltre a economisti e premi Nobel, sono arrivati alla stessa conclusione dopo il tormentato salvataggio in extremis della Grecia. Un salvataggio comunque imposto dalla paura del peggio e da considerazioni di natura politica e geopolitica, senza procedere a sostanziali modifiche di regole e meccanismi. Il pericolo di ricadute è dietro l’angolo, non solo in Grecia.
Rileggiamone alcune. “L’euro poggia su due pilastri, quello monetario e quello della politica economica e fiscale. Ne abbiamo eretto uno solo, ma così altre crisi arriveranno…” (Prodi). “Sulla Grecia, come sull’immigrazione, si è rotta la solidarietà europea: sono molto preoccupato per il futuro” (Juncker). L’euro è partito male all’inizio e i leader europei agiscono poco e tardi, ha detto in sintesi Delors. “Servono un’integrazione rafforzata, un governo e un parlamento della zona euro”, ha insistito il presidente francese Hollande. E’ il caso di aggiungere “finalmente” se si ricordano le riserve francesi frapposte a una maggiore integrazione in senso federalista, culminate con il rigetto del trattato costituzionale.
Le analisi sono tutt’altro che nuove o inedite. E’ però sintomatico che siano diventate un coro sui guasti e sulle pecche della moneta unica. La questione che nessuno osava mettere sul tavolo in modo così esplicito è oggi al centro del dibattito europeo e sembra dare ragione a quegli economisti di scuola americana che, inascoltati, avevano preventivato “il sogno impossibile”.
E’ un rovesciamento mediatico che deve far riflettere. Foriero di ripensamenti, ma anche denso d’incognite e facili strumentalizzazioni. Di fatto si è rotta una visione ideologica, il granitico tabù della prosperosa e irreversibile macchina dell’euro, contro cui si scagliano in modo altrettanto ideologico movimenti e partiti populisti e euroscettici : di diverso colore e origine, ma concordi nell’agitare controverse bandiere nazionaliste e nel fare di Alexis Tsipras l’eroe degli oppressi o, se si preferisce, la vittima dell’ “eurogruppo” che è quasi una parodia – metà politica e metà tecnocratica – di un vero esecutivo della zona euro.
Le puntuali dichiarazioni di europeisti autorevoli riportano alla dura realtà una partita che si è giocata sull’onda di differenti demagogie. Quella di chi ha usato l’Europa e l’austerità come alibi per non fare riforme e non risanare la propria economia. E quella di chi ha continuato a fare credere che fosse possibile un’unione monetaria di economie diverse e disequilibrate.
Nel gestire la crisi greca, l’Europa è rimasta prigioniera delle proprie regole. La “soluzione” è stata trovata attraverso tortuosi correttivi e tardivi compromessi al ribasso che comportano il massacro economico della Grecia e il risentimento sia dei Paesi più deboli e costretti ai sacrifici, sia dei Paesi più forti e creditori, Germania in testa, tacciata di egoismo e volontà egemonica.
La prospettiva, per i cittadini europei, è di cadere in una doppia trappola. Quella delle sirene populiste ed euroscettiche, alimentate da un’Europa che non cambia e che finirà per rafforzare egoismi e prerogative nazionali. E quella di un’Europa che non vuole cambiare o non riesce a cambiare, contro l’evidenza sociale, probabilmente contro l’aritmetica e l’economia, di sicuro contro la logica. Un’Europa che preferisce autoassolversi con il pregiudizio dei greci inaffidabili e sperare che il fenomeno Tsipras evapori e non trovi imitatori, nella presunzione di restaurare la fiducia nei regolatori della moneta e del debito pubblico. Pedalando senza ruote, fino alla prossima missione della Troika.