La sinistra è costretta a fare i conti con la necessità di presentarsi alla sfida attorno a un candidato forte e credibile. Il ritiro dignitoso di Hollande” La sinistra è costretta a fare i conti con la necessità di presentarsi alla sfidaattorno a uncandidato forte e credibile. Il ritiro dignitoso di Hollande.

Forse è vero, come ha confidato François Hollande, che il potere gli interessa meno della politica. Di certo, la rinuncia alla ricandidatura per l’Eliseo è molte cose insieme: un ritiro dignitoso, la presa d’atto che la sua sarebbe stata una missione impossibile, la resa di fronte alle pressioni interne del partito socialista e — infine — la resa all’evidenza. Nessun presidente era arrivato a un così basso livello di consenso, nessun presidente ha mai rinunciato a correre per un secondo mandato, tranne George Pompidou, sconfitto dalla malattia. Così, l’uomo che voleva raccogliere l’eredità di Mitterrand, esce di scena con un breve annuncio televisivo, accolto quasi con sollievo dalla sua famiglia politica e con un misto d’ironia e commiserazione da parte degli avversari e dell’opinione pubblica.

Ma quello di Hollande va anche letto come un gesto di responsabilità e di senso dello Stato, nei confronti della Francia e della sinistra francese. Forse è anche l’immediata conseguenza del trionfo di François Fillon alle primarie del centro destra, che ha costretto la sinistra a fare i conti con un nuovo quadro politico e con la necessità di presentarsi alla sfida di maggio con un progetto alternativo attorno a un candidato forte e credibile, che certamente non poteva essere più Hollande.

La rinuncia è, in ogni caso, l’ammissione di un fallimento su più fronti, dalla gestione dell’economia alle mancate riforme, dalla profonda crisi sociale che ha alimentato il consenso per il Front National all’incapacità (o non volontà) di affrontare la questione di fondo su cui Fillon ha costruito il suo successo: la messa in discussione del modello francese, che produce sprechi di denaro pubblico, disoccupazione cronica e ingiustizie sociali. Hollande ha scelto di tamponare i problemi aumentando le tasse, confiscando le ricchezze e alla fine scontentando tutti. Del resto, la mancanza di decisionismo e la capacità di galleggiare sono sempre stati il suo difetto e, in certi frangenti, il segreto della sua ascesa, nel partito fino all’Eliseo.

Fra le sue attenuanti generiche, occorre per obiettività ricordare l’eredità infelice della presidenza Sarkozy, la congiuntura economica mondiale sfavorevole e la feroce aggressione del terrorismo islamico che ha seminato vittime nelle strade di Parigi e Nizza e ha sconvolto la vita dei francesi, amplificando la domanda di sicurezza, le tensioni sociali, la ricerca di capri espiatori e responsabili fino ai vertici dello Stato. In questo ambito, Hollande ha dato prova di fermezza e di senso dello Stato, ma questo non è bastato a far dimenticare ai francesi i problemi quotidiani.

Nel corso della presidenza, Hollande è poi scivolato su alcuni episodi privati — la passeggiata in scooter fuori dall’Eliseo, la separazione tormentata dalla sua compagna, un controverso libro confessione— che hanno irritato l’opinione pubblica e deluso i francesi, per i quali la presidenza della Repubblica continua ad avere una certa sacralità di sapore monarchico.

Il ritiro era comunque nell’aria. Hollande, che è uomo astuto e onesto, cui non difettano ironia e buon senso, ha preferito evitare una disfatta umiliante, dando anche ascolto ai suoi più fedeli consiglieri e al disagio della base, sommato alla preoccupazione di diventare di questo passo una forza marginale. Hollande ha cosi evitato un pericoloso scontro istituzionale con il premier, Manuel Valls, che aveva lasciato intendere di volersi candidare e di essere pronto alla dimissioni. In questo senso, Hollande, facendosi da parte, ha dato un contributo alla chiarezza e alle sorti della sinistra.

Adesso ci saranno vere primarie senza convitati di pietra. Ci sono molti pretendenti e il rischio che la sinistra arrivi alla sfida lacerata è alto. Ma Valls è giovane, è l’unica personalità del campo socialista che raccoglie stima anche fra gli avversari. Può permettersi una sconfitta onorevole. Sarà già molto se sarà riuscito a riportare la Francia a una logica di alternanza e disinnescare l’ipoteca del Front National.