E’ stupefacente la distanza che separa il dibattito politico, il suo specchiarsi nei media, e l’analisi sul futuro, molto prossimo, che ci attende. Mentre il vero potere del pianeta – i giganti dell’informatica, della finanza, dell’energia – completano la rivoluzione digitale, la politica e le opinioni pubbliche discutono, come é comprensibile, di tutto ciò che interessa piú direttamente la gente, e quindi l’elettore, ovvero di salari e lavoro, pensioni e riforme, sanitá e trasporti, immigrazione e terrorismo, con il corollario di ipotesi nazional populiste/protezioniste che paradossalmente sono giá realtà concreta nel mondo anglosassone, USA e Gran Bretagna, cioé proprio nei due Paesi maggiormente portatori di democrazia, liberismo, innovazione.
Nessuno sembra accorgersi del rapporto causa effetto fra rivoluzione informatica e comportamenti elettorali, quindi fra tecnica e democrazia.
C’é un dato francese che dovrebbe fare riflettere perché non rappresenta un’eccezione, ma appunto il laboratorio del nostro tempo. La desertificazione industriale che riduce al minimo gli addetti nell’industria e nell’agricultura, cioè la classe operaia, meno del 15 per cento della popolazione. Una massa impoverita e declassata che abbandona i partiti di sinistra, si rifiugia nell’astensione o si prepara a votare (40 per cento delle intenzioni di voto) per il Front National di Marine Le Pen.
Alla scomparsa e/o all’impoverimento delle classi operaie e agricole, per effetto di delocalizzazione e automazione, si accompagnerà molto rapidamente il completamento della rivoluzione informatica. La robotica, applicata ai trasporti, alla produzione, ai servizi bancari, legali, assicurativi etc, investirá – come in passato la rivoluzione industriale o l’invenzione del vapore – le classi medie accentuando fenomeni cui già assistiamo in questi anni : disoccupazione intellettuale, impoverimento, mancanza di posti di lavoro. Tutto questo, mentre, con ogni evidenza, aumenta il divario fra ricchezza e povertá, fra salari di primo ingresso e retribuzioni e rendite di manager e classi abbienti.
La rivoluzione informatica suscita, a corrente alternata, reazioni scomposte. Ci si divide fra apocalittici e ottimisti messianici, senza cominciare seriamente a ripensare sistemi e contromisure.
E’ del tutto evidente che qualsiasi governo di qualsiasi colore dovrá misurarsi con un nuovo ed esteso disagio sociale e immaginare risposte forti e coraggiose che prevengano la deriva populista e il crollo del sistema stesso. Si tratta di costruire una nuova concezione della spesa pubblica, dei diritti individuali, dell’educazione permanente degli investimenti in ricerca e innovazione, della politica industriale in rapporti ai paesi in via di sviluppo. Nello scenario che ci attende, possono avere un senso anche proposte oggi considerate utopiche e non finanziariamente sopportabili, quali ad esempio il reddito di cittadinanza o d’inserimento, il salario garantito.
Se le vecchie ricette non funzionano, occorre inventarne di nuove. L’alternativa é una nuova forma di democrazia, dominata da nuovi capipopolo, che amplificano la voragine di paure e tormenti in cui sta precipitando la societá occidentale. Quindi qualche cosa che assomiglia alla democratura, neologismo che include le oligarchie, ovvero chi avrá le chiavi per manovrare i robot.