Settanta anni fa lo sbarco in Normandia. Decine di migliaia di americani, inglesi, canadesi persero la loro vita per liberare l’Europa dalla barbarie nazista. La Gran Bretagna di Churchill fu in prima linea. Non accettò la pace isolazionista che Hitler gli offriva, resistette per quanto devastata dai raid aerei e dette un contributo fondamentale alla vittoria finale. Nelle retrovie della resistenza, francesi, italiani, polacchi contribuirono alla fine del nazismo, del fascismo e della repubblica collaborazionista di Vichy. Le basi dell’unità europea furono gettate con quell’immenso sacrificio di uomini e donne che pensarono alle generazioni future. La Germania e l’Italia furono liberate e integrate in questo progetto di ricostruzione morale, civile, economica che ha garantito settanta anni di pace e sviluppo e in seguito alla sconfitta dello stalinismo e dei sistemi comunisti.
Oggi vediamo i guasti della Brexit, i rigurgiti antisemiti, razzisti, xenofobi, la rinascita del nazionalismo populista che tanti lutti ha provocato. La memoria sembra azzerata. Di quei giorni gloriosi in Normandia non parlano i talk show. Governanti e leader cinici e ignoranti cavalcano il malcontento popolare e i problemi sociali per trasformarli in cavallo di Troia dell’implosione europea. Non ci saranno una nuova guerra nè un nuovo Nazismo. Ma il lavaggio della memoria è comunque un pericolo mortale. Rende tutti miopi, incapaci di alzare lo sguardo sul l’orizzonte, mentre il mondo avanza. Cina, India, Stati Uniti, i giganti più orgogliosi della propria storia sono i nuovi padroni. E noi europei, seduti sul nostro benessere e intossicati di propaganda, ci dimenticheremo anche perché siamo diventati così. Lasciamo che il progetto più ambizioso che abbiamo creato, un impero della pace e del progresso, si sgretoli nelle piccole patrie dell’egoismo.