Nella vicenda dell’assalto a Capitol Hill, c’è un dato politico che avrà ripercussioni interessanti, non solo per gli americani, forse non meno di quanto il dramma di questi giorni ne avrà sullo stato di salute della democrazia degli Stati Uniti, sul destino di Trump e del partito repubblicano, sulla capacità dell’Amministrazione Biden di tenere sotto controllo, senza mortificare le regole del gioco, la massa di milioni di supporter del trumpismo, impedendone la deriva violenta.
Il dato politico è la decisione dei dirigenti di Twitter, e dello stesso Zuckeberg, di chiudere immediatamente gli account di Trump, formalmente ancora presidente in carica, e di tenerli sospesi per un tempo per ora indefinito. Se ci si riflette a fondo, è una decisione pesantissima dal punto di vista istituzionale, poichè non mette a tacere la voce di un qualsiasi blogger complottista o un motore di fake news, ma la voce del presidente degli Stati Uniti, accreditando implicitamente, presso milioni di utenti, il carattere eversivo dei messaggi trumpisti e la responsabilità dell’assalto. Ed è una decisione davvero rivoluzionaria, poichè in fin dei conti, si rivela una presa d’atto della immensa responsabilità dei social network quando il loro uso viene distorto a fini di consenso e propaganda politica.
Con il senno di poi, sarebbe utile e doveroso chiedersi se Trump avrebbe ottenuto la vittoria quattro anni fa e il grande consenso di questi anni senza l’uso ossessivo e spropositato dei suoi account, peraltro sciaguratamente amplificati dai media e dai suoi supporter. Ma la questione riguarda più in generale i suoi emuli sparsi per il mondo e il funzionamento della democrazia sostanziale nei Paesi liberi. Se da un lato preoccupa il fatto che regimi autoritari tendono a chiudere o a limitare l’uso della rete, dall’altro lato non si può non vedere come l’abile uso degli account diventi uno straordinario e falsificante motore di consenso. E’ utile notare che uno dei leader più longevi di una delle più forti e sane democrazie del mondo non utilizzi tweet e non abbia un account personale: Angela Merkel.
Proprio la Merkel – cresciuta nella Germania comunista e per questo sensibilissima quando sono in gioco libertà personali e d’espressione – ha criticato la decisione dei vertici di Twitter, essendo convinta che un’azienda privata non avrebbe il diritto di togliere la parola e che la materia dovrebbe essere regolata da poteri pubblici e decisioni politiche che purtroppo tardano ad essere prese, sia sul piano normativo, sia sul piano economico.
“The social problem”, straordinario docufilm di Netflix, scritto da ex dirigenti di Google, ha messo in grande evidenza la pericolosità dei social network – in media una notizia vera ogni sei false – e le conseguenze sul funzionamento della democrazia reale, osservazione tanto più pertinente in tempi di pandemia e di comunicazione a distanza. Quanto possono influenzare ad esempio le campagne per la vaccinazione e la diffusione di tesi no vax e complottiste? Un grande saggista americano, Harari, nei suoi straordinari scritti sull’evoluzione della specie umana e del mondo in cui viviamo, ha spiegato come stiamo subendo una lenta mutazione antropologica, culturale e politica con l’uso della rete. Di fatto, una tremenda evoluzione del “Grande fratello” orwelliano, in quanto gli internauti subiscono inconsciamente una mutazione di ruolo: non più soltanto utenti consumatori di notizie e fruitori di messaggi pubblicitari, ma fornitori di dati personali, utili quindi a scoprire, analizzare, utilizzare tendenze, gusti, comportamenti, scelte politiche e individuali. Da clienti dell’era moderna a schiavi dell’antico Egitto che, pietra dopo pietra, erigevano la piramide del faraone, secondo il disegno immanente del faraone stesso. Di fatto, riteniamo di essere più liberi di esprimerci, poichè il web è alla portata di tutti e può essere utilizzato da tutti, ma non ci accorgiamo di concorrere alle distorsioni della rappresentanza, del consenso, della costruzione dei processi democratici e in fin dei conti della libertà.
Per questo, la decisione dei vertici di Twitter è davvero rivoluzionaria e – si spera – benefica se avranno il coraggio di confermarla nel tempo e di mettere a frutto l’immenso patrimonio di competenze per inventare antidoti efficaci.
Se non è possibile regredire, si cerchi almeno di rinsavire. E’ una sostanziale presa di coscienza che il vaso di Pandora si è aperto e che è molto difficile recuperare la materia fuoriuscita, trattandosi non soltanto di dati e fake news, ma anche di condizionamento mentale (e persino fisico, dato che le nostre teste sono piegate ogni giorno per ore sul cellulare) di miliardi di esseri umani. E’ comunque importante che il mostro abbia preso coscienza della sua pericolosità. E, in fin dei conti, se ciò avverrà, dovremmo dire grazie a Trump.
Ps. Personalmente, ho sospeso il mio account.