Nell’Europa a rischio implosione per l’avanzata congiunta di movimenti e sentimenti nazionalisti, populisti, xenofobi e per un generale rigetto di partiti tradizionali e classi dirigenti obsolete, Francia e Italia potrebbe essere i Paesi protagonisti del colpo di grazia agli ideali continentali. Essendo, con la Germania, le nazioni piú importanti, se il banco salta a Parigi e Roma non si vede quale potrebbe essere il ruolo di Berlino, capitale di un Paese piú maturo, piú stabile, piú europeo, ma a rischio isolamento. Dopo Brexit e dopo la vittoria di Trump, questo sembra anche lo scenario piú interessante e auspicato (e forse influenzato) a Mosca, Washington e Pechino. In un mondo globalizzato, ma ormai multipolare, il polo europeo sarebbe un quarto incomodo, un interlocutore strategico ed economico pesante e pensante.
Meglio il convitato di pietra, senza politica estera e senza politica di difesa, ma ottimo cliente, grande consumatore, perfetto come club Mediterranee dei ricchi del pianeta o patner commerciale senza peso politico.
Naturalmente, all’opinione pubblica dei talk show e alle miserie della politica impegnata in risse personali e scissioni, devastata da scandali e gossip, tutto questo interessa poco. E’ singolare quanto Francia e Italia abbiano in questo ambito tanti punti in comune.
In Francia, la campagna elettorale per l’Eliseo é diventata un thriller con molti omicidi e ancora nessun colpevole scoperto. Sono stati eliminati tutti i leader di partito, il presidente in carica, il primo ministro, un ex presidente. In lizza sono rimasti, come probababili finalisti, due candidati senza partito, anzi due che si sono affermati contro i partiti : Marine Le Pen (con il Front National, che non ha strutture e finanziamenti di un partito né contribuiti pubblici) e Emmanuel Macron,
che ha lanciato un movimento esterno al partito socialista, pur raccogliendo l’adesione di molti esponenti di primo piano, da Segoléne Royal a Bertrand Delanoe. Macron é l’astro nascente, la sorpresa, il candidato mediatico, giovane, brillante, con solidi appoggi negli ambienti finanziari e giornalistici che lo hanno portato in alto.
Poi c’é l’ex favorito, oggi nei panni scomodi dell’outsider, François Fillon, travolto dallo scandalo del falso impiego pubblico della moglie e costretto a inseguire. Dietro di lui, un partito diviso da correnti e rivalitá personali, che fino all’ultimo ha tentato di convincerlo a rinunciare alla corsa, per recuperare la piú credibile candidatura di Alain Juppé, l’anziano leader gaullista, l’unico in grado di sbarrare la strada a Marine Le Pen e di recuperare l’elettorato centrista e moderato che oggi guarda a Macron.
Ma chi ha tramato per il disastro? Al di lá delle oscillazioni fisiologiche dell’elettorato e della base del partito, lo zampino ( o meglio, lo zampone) di Nicolas Sarkozy é abbastaza evidente. E’ sceso in campo alle primarie della destra, candidandosi contro Juppé. Una volta perso il confronto, ha deciso di sostenere al secondo turno Fillon contro Juppé. Infine si é opposto al ripescaggio di Juppé, “preferendo” la probabile sconfitta con Fillon. Qual’é il gioco? Stare fermo un giro, prepararsi al prossimo, puntare a un ruolo nel governo o nelle istituzioni. Lo spazio é aperto. Se Fillon non recuperasse, difficilmente Macron (e ancora meno Marine Le Pen) otterrebbero una maggioranza parlamentare per governare. Anche perché con l’aria che tira, né Macron, né Marine sono al riparo da gossip interessati.
La vicenda politica francese si specchia, come in uno schermo deformato, nella vicenda italiana. Qui é imploso il maggior partito di governo, il PD, con il risultato che un elettorato a larga maggioranza sensibilmente a sinistra rischia di consegnare il Paese alla destra, al movimento 5 stelle o all’ingovernabilitá, cosi come – specularmente – la Francia a grande maggioranza a destra e moderata rischia di riconsegnarsi alla sinistra con Macron o all’ingovernabilitá.
L’implosione del PD ha molte cause e molti responsabili, fra i quali sicuramente l’ex premier Renzi, per i gravi errori di casting e comunicazione nella vicenda del referendum, che pure aveva il merito di avviare l’Italia sulla strada delle riforme. Scandali e gossip, accuse vere o presunte, hanno fatto il resto e oggi il fenomeno Renzi appare come una scommessa perduta. MA in tutto questo c’é anche lo zampino/zampone di Massimo d’Alema, il quale, al pari di Sarkozy, ha preferito cavalcare una scissione da sinistra (!!!) che concorrere al rilancio di un progetto riformista e alla riorganizzazione del partito.
In Francia, almeno, tutti i leader rimasti in corsa parlano molto di Europa. A favore o contro, é su questo tema (con annessi immigrazione, protezionismo, austerity e confini) che si giocano il consenso e la vittoria. In Italia, di Europa non si parla nemmeno. Il problema é l’eliminazione dell’avversario, qualsiasi idea abbia in testa.