Scritto dopo la strage di Charlie Hebdo, due anni fa

Anche l’orrore può essere perfetto. I terroristi che hanno massacrato la redazione di Charlie Hebdo hanno riunito con una scarica di mitra molti elementi atti a disorientare, dividere, rendere cupo e incerto il futuro della Francia, dell’Europa, delle societá libere e del dialogo interreligioso. Perfetta é stata la scelta dell’obiettivo, perché Charlie Hebdo era giá sovraesposto, per sua natura foriero di aspre polemiche e provocazioni. E perfetta é stata la scelta del momento, in quanto mai come ora in Francia sono accesi i dibattiti culturali e politici sull’identitá nazionale, sul pericolo islamico, sulla “sottomissione” dei valori occidentali, per citare l’ultimo Houellebecq, in libreria proprio in questi giorni. Un Paese per di più in prima linea, a fianco degli Usa, nella lotta al terrorismo internazionale, dalla Libia al Mali, dalla Siria all’Irak.
Tutto concorre dunque ad aggravare le problematiche sociali e politiche della Francia di oggi, il Paese in cui vivono sei milioni di musulmani, senza contare clandestini e ultimi flussi migratori. E’ un fatto la crescita del Fronte Nazionale di Marine Le Pen e, piú in generale, di sentimenti populisti, xenofobi, antieuropei, anti immigrazione, in una spirale di emozioni, intolleranze e schizofrenie che spesso confonde Islam, terrorismo, immigrazione clandestina.
Il Paese, colpito al cuore, si trova ancora una volta a fare i conti con il fallimento del modello d’integrazione repubblicana, poiché – senza scadere nella facile sociologia – é un fatto che alcune periferie francesi sono territori off limits in cui si annidano odio, risentimento verso la societá bianca, proselitismo, radicalismo religioso. Da queste “banlieués” sono partiti centinaia di giovani per combattere in Siria e in Irak ed é un fatto che i terroristi che hanno agito ieri a Parigi parlavano francese e sono, molto probabilmente, cittadini francesi. Non é nemmeno escludibile che si tratti di elementi di ritorno, dopo un periodo di addestramento e indottrinamento nei teatri di guerra.
L’Eliseo, il governo e anche l’opposizione gaullista lanciano messaggi di unitá nazionale e rinnovano l’impegno alla fermezza, ma al tempo stesso nessuno si nasconde la difficoltá di trovare le contromisure piú efficaci di fronte a un terrorismo che – se si ricordano ad esempio i recenti attentati di Tolosa, Bruxelles e alla maratona di Boston – non arriva da un altro mondo o da un altro Paese, bensì si annida – non solo in Francia – nei territori nazionali e si mimetizza nelle societá multietniche e multinazionali.
Nonostante il lavoro d’intelligence, che avrebbe sventato proprio in queste settimane altri attentati; nonostante la sorveglianza ai luoghi sensibili, i controlli alle frontiere, la cooperazione internazionale, non é oggettivamente prevedibile l’attivitá sotterranea di decine, forse centinaia, di elementi pronti a colpire nel mucchio.
Il presidente François Hollande ha cercato di rassicurare un Paese che si sente improvvisamente piú debole,  indifeso ed esposto a derive politiche e chiusure culturali che potrebbero avere conseguenze drammatiche anche sul quadro europeo. Quella di Hollande é adesso la partita della vita : partita doppia, sul fronte della sicurezza e coesione nazionale e sul fronte delle strumentalizzazioni interne.
E’ possibile e auspicabile che, come é suo carattere, Il presidente sappia dare il meglio di sé nei momenti piú drammatici, ma l’agenda che lo attende – fra crisi economica, calo dei sondaggi, scadenze elettorali, scollamento del quadro politico – é piena di ostacoli. Il presidente ha provato a risvegliare il senso e il valori fondanti di una Nazione, innanzi tutto la libertá di stampa e di  espressione. La Francia che  piange i suoi morti innocenti, attonita davanti ai teleschermi, come gli americani nel giorno delle Torri Gemelle, appare come un Paese ripiegato, sfiduciato, percorso da apprensioni verso ogni genere di minacce e incognite. Ma la folla che spontaneamente si é raccolta in place de la Republique, per onorare il martirio dei giornalisti, é un primo segnale  di coraggiosa reazione.