Quarant’anni fa, nei cosiddetti anni di piombo, veniva ucciso il giudice Alessandrini. Come cronista del Corriere della sera spettò a me il compito di descrivere una morte senza senso, di un “magistrato dal volto mite” come scrisse il collega Tobagi.
Anni dopo sarà lo stesso figlio Marco a dichiarare “Gli spararono perché lavorava tanto e bene, tutto qui. (…) Nessun progetto. Solo un gioco sfuggito di mano a ragazzini che volevano fare i rivoluzionari”.
Per chi volesse ripercorrere brevemente la vicenda Alessandrini, il mio articolo e il contributo presente nel Sistema Archivistico Nazionale – SAN – del Ministero dei beni culturali.